venerdì 25 maggio 2012

Il racconto di un sopravissuto


Padre Michialowski, un prete polacco internato a Dachau, raccontò l'esperimento cui era stato sottoposto il 7 ottobre del 1942.

Mi dissero di spogliarmi e mi esaminarono. Mi fissarono poi dei fili sulla schiena ed al retto. Dopo di che dovetti rimettermi la camicia e pantaloni e, sopra di essi, un'uniforme da aviatore, una tuta di volo ed un paio di stivali imbottiti di pelliccia.

Mi posero sotto la nuca una camera d'aria gonfia, collegarono i fili agli apparecchi e mi gettarono in acqua. Sentii immediatamente molto freddo e cominciai a tremare. Dissi agli uomini che erano là che non avrei potuto sopportare più quel freddo a lungo.

Essi però si misero a ridere e mi risposero che tutto si sarebbe risolto in pochissimo tempo. Mi sedetti nell'acqua e riuscii a non perdere conoscenza per circa un'ora e mezza. Durante questo tempo la temperatura corporea si abbassò lentamente all'inizio, più rapidamente in seguito: 37,6°, 33°, 30° ...

A poco a poco, però, persi quasi del tutto conoscenza e fu in quel momento che cominciarono a prelevarmi del sangue dall'orecchio, ogni quarto d'ora. Dopo un'ora e mezza mi fu offerta una sigaretta che, naturalmente, non avevo nessuna voglia di fumare.

Tuttavia uno degli uomini me ne dette una, mentre l'infermiere, che stava presso la vasca, continuava a mettermela fra le labbra ed a ritirarla. Ne fumai metà. Mi diedero un po' d'alcool, poi una tazza di rhum tiepido. Piedi e mani mi diventarono duri come il ferro, mentre il respiro diventava affannoso.

Ripresi a tremare e la fronte mi si imperlò di sudore gelido. Mi sentivo sul punto di morire e chiesi loro, ancora una volta, di farmi uscire di là. Il dottore mi diede allora alcune gocce di un liquido dolciastro sconosciuto, dopo di che persi conoscenza.

Quando rinvenni (saranno state circa le otto di sera) mi trovai disteso sopra una barella, avvolto in coperte ed illuminato da lampade che emettevano calore ... Dichiarai allora di essere molto stanco ed avere fame ...

Un medico polacco di cui conosco solo il nome Adam, mi disse che quanto  mi era capitato era un segreto militare e che non avrei dovuto parlare con nessuno. Aggiunse poi che ero abbastanza intelligente per immaginare cosa mi sarebbe capitato se non avessi obbedito.

Siccome avevo parlato di quanto mi era accaduto con alcuni compagni di prigionia e ciò era stato scoperto da un infermiere, questo mi chiese se mi fossi stancato di vivere.

Ci misi molto tempo a riprendermi ed ancora oggi mi sono rimasti una certa debolezza cardiaca, cefalee e, molto frequentemente, crampi ai piedi.

Biblioteca personale di wlady:
Tratto dal terzo volume di Philppe Aziz "I Medici dei Lager" 
Opera scritta sotto la direzione di Jean Dumont
Opera realizzata dalle edizioni Fermi di Ginevra 1975 e stampata su carta di lusso a mano.

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